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Copertina del catalogo


Dal 18 al 21 settembre si svolgerà a Bologna la Mostra del Libro Antico e noi presenteremo una collezione che illustra momenti dell’arte, della poesia e della storia sociale degli anni Settanta, raccolta nel catalogo «VOGLIAMO TUTTO! Arte e poesia negli anni di piombo (1967-1982)».

Parole sui muri, 1968

Ordinando il materiale cronologicamente, quello che doveva essere un semplice catalogo si è trasformato in una storia.

Questa storia comincia con una invasione, quella che avvenne  dall’8 al 18 agosto 1967 a Fiumalbo, in provincia di Modena: un centinaio di artisti d’avanguardia provenienti dall’Italia e dall’Europa animarono il piccolo paese di performances artistiche, teatrali, musicali, e i muri furono tappezzati di poesie e manifesti suscitando grande scandalo.
La storia finisce fra il 19 marzo e il 14 giugno del 1982 con un’altra invasione, quella che contrappose Argentina e Regno Unito nella guerra delle Isole Falkland, a cui si riferisce «Ready for War», un volantino in cui si raccomanda, davanti alla nuova era del conflitto globale, di “non attendersi nulla e non legarsi a nessuna prospettiva”, perché il destino dell’umanità è segnato e non ci sarà futuro.

Ready for War, 1982


Fra le due date c’è la crisi economica seguita al boom dei primi anni Sessanta, il ’68 e il ’77, l’emancipazione della donna, le radio libere, la musica pop & rock, l’eroina, sullo sfondo di una violenza sempre latente i cui esiti furono gli innumerevoli attentati del terrorismo di destra e di sinistra. E ci sono l’arte e la poesia che vennero fuori dalle scuole e dalle strade, arte che non si poteva più appendere al muro e poesia che non poteva più stare nelle pagine di un libro..

Nanni Balestrini, Vogliamo Tutto, 1970

E’ la storia di mille rivolte introiettate, divenute mode oppure cancellate da un sistema economico oggi investito da una crisi senza precedenti.
“Vogliamo tutto!” è lo slogan che gli operai della Fiat urlavano durante gli scioperi “a gatto selvaggio” del 1969, e un libro di Nanni Balestrini. Quando viene negata la possibilità stessa di cambiare la vita non c’è più spazio per le vertenze, i contratti, gli aumenti: “vogliamo tutto!” nell’arte come nella vita, perché non c’è più niente da perdere, non è più soltanto il pezzo di pane è la possibilità stessa della felicità.

I documenti e le immagini che presentiamo in questo catalogo in ordine cronologico, sono le tracce e le testimonianze di alcuni momenti. Mai come prima in quegli anni fu possibile toccare gli estremi, aprire nuove strade, ingannarsi, testimoniare di tanto orrore e di tanta bellezza: immagini e parole che non commemorano, non accusano né esortano. Vogliono solo essere ricordate e amate.

Vogliamo Tutto, 1977
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Tano D’Amico

Durante i quattro giorni della mostra, dal 18 al 21 settembre, Tano D’Amico sarà nel nostro stand per conversare sui libri e le immagini, condividendo idee, impressioni e ricordi con le persone che verrranno.

Tano è nato a Filicudi nel 1942, ha studiato ed è cresciuto a Milano per poi trasferirsi a Roma dove ha cominciato a fotografare. Non per vocazione («io non volevo fare il fotografo, io volevo vivere» ha detto in varie interviste) ma semplicemente perché per i suoi amici di Potere Operaio, di Lotta Continua o altri, lui era quello che doveva fare le fotografie.

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Tano D’Amico, Ragazza e carabiniere, Roma, 1977


E così Tano con le sue foto è stato protagonista e cantastorie di quell’epoca. Quando qualcosa accadeva, una manifestazione, una occupazione di case, uno sciopero, una festa, uno scontro, lui c’era sempre. E cosa andava cercando in quel casino indescrivibile? Quegli anni sono stati analizzati a sufficienza nei libri di storia e nei film documentari; con tutte le loro profonde e opposte ragioni. Ma le tracce rimaste incise in chi quegli anni li ha vissuti, questo difficilmente si conosce. Tracce che si trovano tra le righe di giornali durati un giorno, volantini, manifesti, poesie, immagini, azioni, canzoni, alcuni libri.

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Tano D’Amico, E’ il ’77, 1978. Copertina di Piergiorgio Maoloni

Quando Tano racconta, per esempio, di come era stato fatto il suo  «E’ il ’77», quello grande con la copertina nera disegnato da Piergiorgio Maoloni, della colletta che servì a pagare le spese, del tipografo da poco fallito che riaprì l’officina e richiamò i lavoranti per qualche notte, e della polizia che ne comprò chi sa quante copie un po’ per individuare i facinorosi e un po’ per specchiarsi in quelle immagini che non giudicavano, ecco, questo mi permette di immaginare altri spazi e altri orizzonti, zone di umanità ancora da esplorare, domande da porre, percorsi da tentare.
Tutte queste cose per la storia non contano. Contano per noi però, arrivano e passano con noi. Sono la nostra bellezza, la nostra vita che vorremmo eterna. Sono un sapore buono e l’amaro, una musica, dei versi, sguardi, dei baci, e chi sa cos’altro che sempre se ne va.

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