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Giampiero Mughini parla del suo ultimo libro La stanza dei libri presso L’Arengario Studio Bibliografico (Gussago, 16 settembre 2016).
Fotografia di Valentino Tonini.

Quando Giampiero Mughini ha presentato il suo libro da noi c’erano i soliti amici, quelli che da venticinque e passa anni  celebrano il collezionismo novecentesco leggendo comprando e scambiando libri idee documenti oggetti emozioni. C’erano poi delle ragazze e dei ragazzi, e io li ho spiati perché volevo trovare conferma a una mia convinzione, che se la giovinezza è amare i sensi e non pentirsi, i libri sono la sensualità fatta intelligenza: no non poteva bastare loro di toccare le vesti del personaggio televisivo. Conferme non ne ho avute, ma è probabile che sia io a non saper leggere segni e sguardi di chi mi è lontano quarant’anni. Ho la forte impressione che i giovanissimi disperino di poter essere mai compresi e che la zona dei loro interessi si situi in un territorio talmente sconosciuto alle madri e ai padri, a nonni zii maestri eccetera. Ma di una cosa sono certo, che un pezzo consistente di cultura è stato loro tolto e nemmeno ne immaginano l’esistenza: basterebbe instillare in loro questo sospetto e saprebbero arrangiarsi a riprendersela. I vecchi però faticano ad ascoltare in silenzio, ed è questo che li abbruttisce non l’età. Predicassero meno, ispirerebbero più fiducia. La vecchiaia è magnifica nella leggerezza che tante esperienze rendono possibile, quello che gli antichi chiamavano saggezza è il sorriso, la poesia. Ecco ho un’altra convinzione, che i giovani non sappiano resistere alla poesia. Ma a parte rarissime eccezioni, solo i vecchi hanno le chiavi del giardino meraviglioso e troppo spesso quando non ne sono gelosi se le sono vendute.

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Giampiero Mughini, La stanza dei libri
Milano, Bompiani, settembre 2016

I vecchi e i maghi. E così il mago Giampiero erà lì da noi ma non faceva giochi di prestigio né evocava spiriti, solo materializzava senza trucchi momenti di una vita passata. Fra tutti uno che è come l’archetipo del desiderio di agognare il mondo: la parete di una stanza e dei ripiani su cui i libri vanno mano a mano a colmare il vuoto fino a tutto riempirlo, poi tocca a un’altra parete e a un’altra ancora fino a che la stanza non basta più a contenerli, è necessaria una seconda stanza e una terza, e poi una casa intera. La stanza dei libri: la mia iniziò a formarsi con un ripiano sopra il mobile letto e proseguì lungo le pareti con mattoni grezzi e ripiani di compensato. A poco a poco e fin dall’inizio divisi in letterature, filosofia e varie scienze, disposti in ordine cronologico secondo la data di composizione dell’opera. Mi sedevo a volte contemplando la parete ed ero beato di possedere a colpo d’occhio l’umanità nella sua evoluzione, dalle origini bibliche all’attualità, attraverso opere che ne segnavano momenti cruciali. Non la storia orrenda che ci travolge. Lì c’era la gentilezza e la bellezza, il futuro che si genera senza sforzo dal passato, la possibilità di immaginare, creare, inventare, evadere e ritornare.

Dicevo del mago Giampiero che con le mani e la voce, con il linguaggio dell’intera persona, costruiva nell’aria momenti in cui si mescolavano storia privata e cronaca, fatti e misfatti di un paese nello spazio e nel tempo di una vita: momenti segnati da un libro, una foto, un disegno. Nella stanza dei libri c’è proprio la tua vita, in quelli che hai letto come in quelli che no, in quelli che hai capito come in quelli che hai frainteso: i tuoi gusti, il tuo stile. Più spietata di uno specchio la stanza dei libri ti riflette, è la tua giovinezza e la tua vecchiaia, quel che restituirai al futuro da cui sei venuto. A quei giovani che nell’incantamento forse si erano accorti che per entrare nel giardino basta spingere il cancello.