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Aldo Capasso

Ritrovo riordinando l’archivio queste lettere di Aldo Capasso. Erano state accantonate molti anni fa per un progetto sul tema dei premi letterari come espressione della politica culturale. Le lettere documentano un momento particolare della poesia italiana del Dopoguerra. Aldo Capasso, all’epoca direttore della rivista Realismo Lirico è il fautore dell’omonimo manifesto, che voleva riunire in un movimento i poeti che non trovavano collocazione nell’ermetismo e nei consolidati centri di potere culturale letterario. Ma questa nuova corrente di poeti (la cosiddetta «terza corrente») è essa stessa attraversata da polemiche e contraddizioni interne. Varie sono le riviste in competizione fra loro, vari e diversi i premi letterari, terreno di scontro fra opposti interessi, amicizie e idee politiche, le contraddizioni di una poesia che cerca consensi e soldi per sopravvivere. Mario Cerroni, insegnante e poeta iscritto al Partito Comunista Italiano, tra il 1955 e il 1956 sta maturando la propria esperienza poetica. In seno alla rivista Momenti, Cerroni e il gruppo friulano si trovano in contrasto con la direzione torinese fino alla rottura definitiva, che conclude l’esprienza di Momenti per dar vita a Situazione. La corrispondenza con Capasso riguarda la pubblicazione di poesie di Cerroni sulla rivista Realismo Lirico e insieme la posizione che Cerroni vuole assumere rispetto alla corrente di Capasso.

La prima lettera è del 12 novembre 1955:

Cerroni carissimo… Non ti dispiaccia se non tutte le tue poesie del prossimo volume saranno inedite in senso assoluto: per lunga esperienza posso assicurarti che la precedente pubblicazione in periodici non nuoce mai, e spesso giova… Così stando le cose, vorrei anzi mettere nel n. 12-bis (capodanno) la terza tua poesia che si trova in mie mani. – Quanto al Premio Vallombrosa, non potevo esimermi dal darne i risultati particolareggiati, essendomi da tempo impegnato con Allodoli e con Zavataro in questo senso. E allora, è meglio che io abbia palesato pubblicamente la mia estimazione pel tuo nome dando ad esso maggiore rilievo con i mezzi a mia disposizione. Al premio V. io ho detto nettamente che tu eri superiore e a Gamucci e a Facorossi. L’ambiente dell’Abbazia di Vallombrosa non è certo il più propizio per un’arte come la tua (è conosciuto il tuo orientamento anche delle opere precedenti); – vari giudici preferiscono altre forme d’arte; senza dubbio in piena buonafede, e perciò non c’è luogo a muovere loro rimprovero, pur contraddicendole. Ad ogni modo, se il risultato materiale è irrisorio, moralmente l’essere fra i primi 6 classificati su 564 concorrenti non mi par davvero che si possa dire una classificazione priva di significato e di peso. Al «Vallombrosa» concorre una folla di gente, infatti, comunque sia, se io stampo 2 liriche tue, 1 di Gamucci e 1 di Facorossi, ciò costituisce un’onoranza che anch’essa ha il suo significato, da parte della mia rivista… Neanch’io mi sento molto… reazionario, caro Cerroni, ho partecipato alla lotta clandestina antitedesca nelle cellule comuniste dal 15 ottobre ’43 al 26 aprile ’45… Mi ci vorrebbe un ambasciatore più destrorso! Se tu non mi poni il veto, insieme col mio articolo su di te metterò dunque la terza tua poesia nel n. 12-bis. Credo che la cosa – nel tuo interesse – starebbe bene, e non male. Molti cari saluti aff.mo Capasso.

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La seconda è del 27 febbraio 1956:

Caro Cerroni, l’influenza mi ha involto a non seguire alcun giornale, e non sapere nulla della tua vittoria! Ti porgo le mie più calorose felicitazioni e ti prego di mandarmi a stretto giro di posta (sto già correggendo le bozze del n. 13-14) tutti i dati particolareggiati sulla tua premiazione e copia dei testi premiati. Voglio dedicarti una pagina del più grande rilievo. Si tratta del premio dell’Unità? Ho or ora corretto le bozze del mio vasto articolo su di te, che esce nel medesimo n. 13-14, come era annunciato nel n. 12bis. Dove intanto c’era, oltre a una tua poesia, un brano di un tuo articolo uscito altrove, riprodotto sotto il titolo AFFISSIONE, come avevamo fatto altra volta con Praz… La casa editrice Liguria fa prezzi di favore ai «realisti lirici». Ed ecco quali:  Tiratura 300 copie L. 14.000 al sedicesimo (cioè 42.000 per 48 pagine) più I.G.E. – Tiratura 400 copie L. 15.000 al sedicesimo (cioè 45.000 per 48 pagine) più I.G.E. – Tiratura 500 copie L. 16.000 al sedicesimo (cioè 48.000 per 48 pagine). E’ consigliabile fare solo 300 copie: al giorno d’oggi la poesia non si vende molto! Sarei così felice di averti sulla collana, che vedrei di liberarti della spesa dell’IGE (il 3% in più), a costo di dovermene caricare io. Mille affettuosi saluti – aff. Capasso.

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La terza è una cartolina del 4 aprile 1956:

Caro Cerroni, fra 4-5 giorni dovrebbe circolare il n. 13-14 di Realismo Lirico col mio ampio articolo su di te, con la tua lirica premiata, con le felicitazioni per il Premio. Ma non riesco a ritrovare quella tua vecchia lettera in cui mi suggerivi di far mandare una decina di copie ad una libreria di Udine. Ti prego, comunica a Gemma Licini (che si occupa del ramo amministrativo) quel che vorrai dirle a tale proposito… – Pare quasi certo che a Falconara verrà bandito un «Premio Falconara» per una raccolta intera di liriche sociali (400.000 lire). L’anima della faccenda è Aldo Severini. Altri giudici: Elpidio Jenco (presidente), Giorgio Umani, Dario Puccini, Aldo Capasso. Potresti regalare il tuo libro a Severini… Tieni rapporti amichevoli con lui! Mille cari saluti. Aff.mo Aldo Capasso.

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La quarta è del 17 maggio 1956:

Carissimo Cerroni, mi fece moltissimo piacere il calore fraterno della tua lettera e il sapere che il mio articolo ti aveva pienamente soddisfatto. Ho conservata quella lettera come particolarmente cara, Amico mio! Quanto alla antologia che ti ha pubblicato Schwarz, che debbo dirti? mentre accoglie poeti abbastanza mediocri (alcuni sono fatti in serie; pare un… «Dolce stil novo» 1950: lo stesso frasario, gli stessi temi, le stesse inflessioni musicali persino: che monotonia di accademia, che accademia), non conosce Elena Bono, Maria Grazia Lenisa, Ruggero Ruggi, Dario Grossi, Bortolo Pento, Giuseppe Cassinelli, Maria Biscetti, Luigi Ferrante, Romano Pascutto, Dino Carlesi, Aldo Severini, Renata Dotta… ecc. Non ammetto che una persona sia intelligente e in buona fede e non si renda conto del valore dei poeti, tutti, che ti ho nominati: poeti che non lavorano in serie, e hanno, ciascuno, modi propri e problemi propri. A me sembra dunque che quell’antologia sia nociva, e quasi una (scusa!) cattiva azione; e che tu dovresti rimediare – nei limiti del possibile – dandomi per Realismo Lirico un articolo di considerazioni sulla moderna poesia, in cui i nomi di almeno parecchi di tali esclusi fossero lodati e riconosciuti. E in cui fosse esplicitamente detto che il realismo poetico non si esaurisce tutto nella ristretta tematica… di Scotellaro o di Farinella (per non dire di «Momenti»). Pensa che Vittore Fiore voleva collaborare a R.L. e dovetti allontanarlo, perché le cose sue non erano mai soddisfacenti… Non devi aiutare una nuova accademia! E’ nelle tue possibilità fare questo articolo e, secondo me, hai il dovere di farlo. Anche la poesia postbellica, mentre l’ermetismo non è ancora debellato che a metà, presenta già pericoli singolari di letteratura. Non ti nascondo che una lieve poesietta, delle più tenui, della piccola Maria Grazia Lenisa (che ne ha, poi, tante per nulla tenui) vale per me molto più di quasi tutti i poeti sociali in serie che tu sai. L’Italia beninteso, oggi ha dei poeti sociali non in serie: ed uno sei tu, ma gli altri sono Mario De Micheli, Maria Grazia Lenisa, Romano Pascutto, Salvatore Polizzotto Allegra, Luigi Ferrante, Luigi di Ruscio, – e sono poeti, tutti, esclusi dalla tua antologia e dagli scritti dei tuoi amici «momentiani»! E’ un bel caso, non c’è che dire. Beh, chiudiamo l’argomento. Se mi farai l’articolo che ho detto, mi farai felice; e non c’è altro da dire… – Mandami intanto, per Realismo Lirico, una tua nuova lirica, inedita; fresca di forno, magari! La aspetto, sei un poeta che va bene per noi… Il prefetto d’Ancona sta deliberatamente rallentando le cose per il Premio Falconara, sperando che dopo il 27 non ci sia più il Municipio socialcomunista. Ma le elezioni non daranno ragione alle sua speranze! Certo è un po’ tardi, e temiamo che non si potrà assegnare il premio per questa estate; ma alla peggio lo si bandirà nel ’57. Ti terrò informato. Ciao. Fraterni saluti aff.mo Capasso.

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La quinta è una cartolina del 13 giugno 1956:

Caro Cerroni, non mi sogno affatto di generalizzare, e di mettere Luisi, Menichini e Bettelli su lo stesso piano. Luisi vale molto di più di Menichini, e infinitamente più di Bettelli! – E tutte le volte che c’è una pagina bella, io la riconosco «realistica», perché non c’è vera poesia che non sia piena di vita e di realtà. Quindi, in Luisi delle poesie realistiche ne trovo, sì. Ma la discussione sulla tua antologia non dovrebbe vertere tanto sulle inclusione quanto sulle esclusioni; si può capire che un temperamento generoso sia di manica larga con gli amici, ma… Senonché, quale discussione potrei fare con chi non sente nemmeno un po’ di poesia in un Mario De Micheli? Sarebbe cosa del tutto inutile. Manca il terreno comune su cui posare i piedi, durante la discussione! Dopo di che, non posso se non elogiare la tua sincerità e onestà in questo caso. Certo, se non capisci De Micheli, Ferrante o Di Ruscio, faresti malissimo a fingere di capirli e di apprezzarli!. Ciao. Col solito, immutato affetto di Capasso.

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La sesta è una lettera del 3 luglio 1956, scritta perfidamente in terza persona:

Caro Poeta, è stata per me una lieta sorpresa il ricevere il suo libro con la gentilissima dedica, che suona come una vera e propria adesione al «realismo lirico». Da un pezzo io stimo la sua opera e la ho più di una volta menzionato nei miei articoli, a proposito della nuova lirica postbellica. Ma ho mantenuto un atteggiamento di un certo riserbo, e ho parlato or ora di «sorpresa», perché conoscenti torinesi mi avevano riferito che Lei ci fosse ostile, e avesse scritto a Guido Seborga per allontanarlo da noi, definendoci dei socialdemocratici. Non ho voluto fare pettegolezzi e non ho mai interrogato Seborga, pensando che il tempo chiarisce sempre tutto, da sé. Ed ecco infatti che ho l’occasione di parlare a Lei direttamente della cosa, e a sangue calmo dopo un giusto intervallo di tempo. Se l’episodio è stato, come spesso accade, aggravato e travisato, ne sarò ben lieto! Le proporrei di scrivermi 5-8-10-15 righe sul «realismo lirico», destinate alla pubblicazione: le metterei nella nostra rubrica apposita, che pubblico ogni tanto. Sto per mandarla in tipografia, e perciò vorrei pregarla di mandarmi subito il piccolo testo, da unire a parecchi altri. Stia sicuro che tra i nostri i comunisti abbondano: anche nelle nuove adesioni c’è quella di Maria Biscetti (premio «Unità» di Genova). Non interrogo nessuno sulle sue idee politiche… ma ci tengo a pubblicare un buon contingente di liriche sociali. Appena avrò terminato un lavoro critico in corso, che mi assorbirà ancora, credo, una decina di giorni, mi dedicherò alla lettura del suo libro con tutto il necessario raccoglimento. Ne riparleremo ampiamente caro Poeta. Mille saluti cordialissimi – Aldo Capasso – Il premio Giusti, di Firenze, ex-aequo lo abbiamo dato ad Aldo Severini, di Falconara, un poeta sociale comunista che lei forse conoscerà – Posso confessarle che non amo e non stimo la poesia di Mario Luzi, suo gentile prefatore?

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La settima è dell’8 luglio 1956, di nuovo in seconda persona, vista la docilità di Cerroni, ma non meno perfida:

Carissimo Cerroni, la tua lettera così sincera e calda mi ha fatto molto piacere, e altrettanto l’apprendere che mai tu avevi parlato o scritto a Seborga in quel senso. Dio sa come era nata una simile leggenda! Approvo tutte le idee, sulla poesia, che la tua lettera contiene, così sennate e «moderate» nel senso migliore della parola: della moderazione che non deriva da debolezza, incertezza o prudenza, ma da chiarezza e fermezza di idee. Nella tua dichiarazione pubblicabile concernente il «realismo lirico» c’è una sola espressione che mi suona inopportuna: «questo non significa che la mia adesione a r.l. sia incondizionata». Troppo è abituale il dire (non sempre a torto) che le affermazioni condizionate faclmente si ritorcono e diventano anche il contrario di quel che furono, perché una adesione «condizionata» non debba parere a molti vuota di reale significato e peso, e magari suscitare ironie. Bada che faccio una questione di espressione, non di pensiero: il tuo pensiero, come lo precisano le righe seguenti, non mi offende affatto! Ti proporrei dunque di lasciarmi ritoccare così: «questo non significa che la mia adesione a r.l. sia di tono dogmatico: incondizionata è la fiducia nell’onestà e nella verità di fondo del manifesto di Capasso, anche se questo non vuol dire che il manifesto debba restare dogma taumaturgico in eterno». Ecco. Mi pare che ciò che tu scrivi dopo i due punti sia bastante, non ti pare? Rd è spiegato ulteriormente dal pensiero successivo: «Dovremo insieme renderlo vivo, arricchirlo nella discussione, farlo operante soprattutto con le opere che poi in fondo solamente contano». Credo che tu possa, in coscienza, accettare il piccolo ritocco, che ha ragione di sicura opportunità pratica. – Le manovre di Fiumi (e Cannavale in quanto ispirato da Fiumi) nei miei riguardi sono state assai gravi; ma hanno un carattere giornalistico, che non mi sembra da dibattere sullo stesso piano delle questioni di principio e di tendenza spirituale e culturale. Finora ho evitato (ed il merito è tutto mio) di avvelenare più importanti e proficue discussioni con polemiche giornalistiche; – e di porre l’aut-aut agli scrittori che collaborano contemporaneamente a Realismo Lirico e a Realtà. Anzi, da principio io stesso avevo pregato i miei amici più stretti di collaborare anche a Realtà, se richiesti. L’ultimo numero di «Realtà» reca testimonianze pubbliche di una cresciuta velenosità; e mi costringe (con la pacatezza di tono che prediligo) a rispondere nel n. 9 di R.L. Dopo di ciò, io tacerò di nuovo: e non reinterverrò se non costretto. Se una situazione di aut-aut vorrà un giorno determinarsi, la responsabilità sarà tutta della rivista napoletana, puoi esserne sicuro. Dei giovani scrittori di «Situazione», soltanto Diana è con me in buoni rapporti. (Egli non mi ha mai scritto nulla contro di te). Gli altri non li conosco nemmeno, e non li ho mai conosciuti. Del tuo libro, non appena troverò il minimo di tempo necessario, scriverò, stai certo, con onestà, e volontà sincera di comprensione, possa ciò far piacere o dispiacere ai torinesi, senza preoccuparmene minimamente. Aspetto dunque un tuo rigo circa il «ritocchino» di cui sopra. Potresti mandarmi il primo tuo libro I canti della pace? Schwarz non me lo mandò. (Mi servirà per il mio articolo). Dimmi anche se ti sarebbe possibile aiutare la mia azione, col collocare in qualche foglio, solitamente sottratto ad ogni mia influenza, qualche articolo di miei amici: per es. un articolo su Maria Grazia Lenisa di Ruggero Ruggi. Credo tu abbia varie collaborazioni diverse dalle mie, infatti. Saluti affettuosi e cari auguri – A. Capasso – chi è uscito dal gruppo torinese insieme a te?.

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L’ultima è del 13 luglio 1956:

Carissimo Cerroni, ti ringrazio molto di avere autorizzato il «ritocchino»! Attendo i Canti della pace. E, presto, una tua lirica inedita per Realismo Lirico! Per la Lenisa (che mi aveva parlato di te col più caldo apprezzamento) andrebbe arcibene il Messaggero Veneto, ma c’è un guaio: vi ha già pubblicato un articolo Dino Menichini (poeta che stimo poco) e ha «lodato» la Lenisa con uno di quegli articoli perfidi pieni di se e di ma che sono fatti apposta per impedire una netta affermazione. Ciò ci sbarrerà la strada? Potresti, direi, parlare francamente al Direttore, e dirgli che, mentre Ettore Allodoli, Lorenzo Ruggi, Aldo Capasso, Francesco Pedrina, Garibaldo Alessandrini, Claudio Allori, ecc. ecc., considerano la udinese Lenisa come una nuova fresca eccezionale rivelazione poetica, e si disperano per «lanciarla», è disconveniente che proprio il giornale di Udine operi così da creare una nota stonata, o addirittura un ostacolo. Perciò potrebbe forse pubblicare un altro articolo sulla Lenisa: un articolo di Gemma Licini, firma ormai notissima. Ci sta? Dica lui (capita di spesso che i giornali si dimentichino di avere già recensito un libro, e lo recensiscono di nuovo, ci sono innumerevoli precedenti). Data la discordia con Momenti, voglio dire con Situazione, che fanno gli udinesi? Un organo proprio? Raccontami qualcosina. Mille cari saluti aff.mo Aldo Capasso.

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Sono documenti che esplicitano un atteggiamento più attento alla pubblicità e all’immagine che non alla poesia, specchio di una realtà culturale che trova conferma in una lettera inviata da Libero De Libero a Mario Cerroni il 3 giugno 1952:

Io ti dico che tu hai un dono e che puoi arricchirlo solamente se ti salvi in tempo dalla smania di essere e di trafficare e di scalmanarti con lettere a questo e a quello e con lo spendere soldi in prò della tua fama (…). Quanto al realismo (di cui tanto sbandieri per avere un posto accanto a Capasso, Lionello Fiumi, Borgese e altri) non ho mai accettato la sigla di realista né altra in vita mia (…). Io non dico che tu non sia grande poeta, dico soltanto che la politica letteraria può farti annegare in un bicchier d’acqua…” (Libero de Libero, Lettere a Mario Cerroni, Gussago, Edizioni dell’Arengario, 1999).