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Mario Carli, Marvana. Mistero d’amore, Milano, Alpes, 1927
Copertina di Ubaldo Cosimo Veneziani

Nel 1927 Mario Carli pubblica una riedizione del suo antiromanzo Retroscena (1915) riveduta e molto ampliata con il titolo di Marvana. Mistero d’amore (Milano, Alpes, 1927). Dandy, teppista, ardito, legionario fiumano, Carli aveva fatto e faceva della sua vita un romanzo: tanto più facilmente poteva permettersi di seppellire la letteratura insieme all’amore sentimental-borghese:

Fra poco di questo vecchio mondo sentimentale non ci sarà più nemmeno il ricordo, e solo qualche incancrenito professore di Università verrà a ficcare i suoi occhiali affumicati fra le macerie di questa rovina… Uomo dell’avvenire, io sono passato stasera distrattamente in questo avanzo di passato, e ho sentito il mio cuore stringersi di rammarico. Che forse tornerei a questi amori? No; è, credo, la pietà per tutto ciò che muore e che deve morire… Vecchie dame, stucchi sbiaditi, poltrone crollanti, fiori secchi… nell’uscire da questo salotto dove ormai le candele sono quasi tutte distrutte, posso ben concedervi un sospiro, uno solo, e andarmene poi, io uomo della rivoluzione, verso il fascino elettrico della nuova letteratura” (pp. 299-300).

(Su Mario Carli vedi anche, in questo blog: http://www.arengario.it/?p=167).

Come il moribondo di Sade, sebbene meno serenamente, Consalvo vicino alla fine vuole svelare alle belle  e giovani amiche che lo assistono il senso della sua vita passata. Marvana, ovvero Maria-vana, è sua cugina. Vivono insieme infanzia e adolescenza fino a che si sposano. Che donna strana è lei, sempre cupa e tagliente, quasi mascolina nella sua indiscutibile bellezza – che mistero è l’intimità, quanto inspiegabili i trasalimenti le paure le beatitudini dei bambini – e pare che lo conosca così profondamente. Di lei a poco a poco Consalvo non può più fare a meno. Con lei viaggia in mondi inauditi dimenticandosi di sé e della realtà. Vivono entrambi una vita parallela e fluida, colorata e cangiante, lontano dalla realtà materiale e dalle stesse sensazioni, sospesi nel regno dell’immaginazione: chi se ne importa della quotidianità. Come haschish lei apre la sua mente e lo accompagna nel viaggio, non ci sono mete ma una continua scoperta di meraviglia in meraviglia. Eppure Consalvo vive con preoccupazione questo allontanamento dalla realtà, sente di essere dominato da Marvana anche se lei lo ama infinitamente e che la natura negata lo porterà alla follia. Cugina sorella amante moglie, quale ruolo è il suo? Nessuno di questi, nell’incanto spariscono le differenze. Viene il giorno in cui Consalvo reclama il diritto di amarla sul serio: allora qualcosa si spezza, lei si ritrae addolorata fino ad ammalarsi. Lui la veglia ogni notte fino a quando lei comincia a migliorare e migliorando avviene il cambiamento: Marvana diventa all’improvviso dolce e arrendevole come lui la desiderava. E allora Consalvo si decide a prendere in pugno la situazione: o saranno sposi realmente o la lascerà. Lei cede, e dopo l’amore muore, lasciando a Consalvo il rimorso e una sola certezza:

Il mondo dei sensi è l’unica cosa certa che conosciamo, ed è quella che realmente si perde morendo, poiché realmente la possediamo. I pensieri, i sogni, le fantasie, si disperdono, sono dimenticati: le sensazioni ci divorano” (pag. 138).

Mario Carli, Marvana. Mistero d’amore, Milano, Alpes, 1927
Immagini mentali


Questa è però la prima parte: segue un mosaico di testi in cui l’interpretazione del racconto si mescola a considerazioni letterarie, fantasie, analisi introspettive. C’è il tentativo di fare tabula rasa facendo emergere i contenuti nascosti dall’ipocrisia e dalla morale. Di fatto il romanzo viene disintegrato dall’interno mostrando meccanismi e relazioni che lo vincolano a una vita, quella dell’autore che ora ha cose più importanti da fare che non l’amore. Già: amore non ci arrecherebbe tanta gelosia e tanta disperazione se fosse per noi semplice gioia dei sensi, se non significasse altro e di più che non una felice comunicazione dei corpi.
Ed è da notare la copertina di Ubaldo Cosimo Veneziani che interpreta il testo così finemente e senza veli: la fiamma e l’albero non sono la fotografia meravigliosamente pornografica di una enorme, morbida e avvolgente vagina?

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