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Tommaso Garzoni, La piazza universale di tutte le professioni del mondo nuovamente ristampata, & posta in luce da Thomaso Garzoni da Bagnacavallo; con l’Aggionta d’alcune bellissime Annotationi a discorso per discorso, Venezia, Gio. Battista Somasco, 1589. Quinta edizione.

I librai antiquari sono nati con le tavole di pietra incise. La conservazione e il commercio della memoria scritta stanno alla base di ogni cultura, e quando cataclismi e rovesci della storia incombono è in quel patrimonio di idee ed esperienze che si trovano i presupposti per scamparne: il futuro possibile.  Chi non ha mai messo piede in una libreria antiquaria non può capire. Motivo per il quale questo mestiere fu sempre altamente stimato, come scrive ad esempio Tommaso Garzoni:

“La professione de’ Librari da tutti i tempi ha meritato d’essere annoverata fra le professioni nobili, & onorevoli, come da molte ragioni, & autorità d’huomini grandi, si può con molta agevolezza provare, & dimostrare al mondo… Provasi anco la nobiltà de’ Librari dal conto, & dalla riputazione, che da tutti i tempi è stata tenuta dalle librarie, cosa famosa in sé & (per usar questa lode) è singolare e regia insieme… Per un’altra ragione si dice, che la professione de’ Librari sia molto nobile. perché sempre sono in compagnia di persone letterate, & virtuose, di Teologi, di Dottori di legge, di medici, d’Humanisti, & di molti altri scientiati, col consortio de’ quali divengono sovente più accorti, più intelligenti e prattici non sol dell’arte, ma delle cose di tutto il mondo insieme; & però rari son quelli, che non siano scaltriti, & che non sappiano il fatto loro da dovero, perché da tutti quei dotti, che gli praticano in bottega, imparano qualche bel punto da tenere a mente. Ha del nobile parimente quest’arte, perché non è sporca niente in se stessa…, onde i librari non s’imbrattano per un dito in cosa alcuna: & oltra di ciò ritiene assai dell’arte mercantile, per l’industria di comprar libri in grosso, & vendergli ancora, il che le porge qualche sorte di nobiltà particolare sopra molte altre. S’acquista nome finalmente dal servizio universale, che partorisce a tutti, perché da’ libri ognun riceve il modo d’intendere, & sapere quel ch’ei vuole… Però tu trovi agevolmente da scapricciarti in un tratto dentro in una libraria, ove trovi di guerra, d’amore, di lettere, di maneggi, di mestieri, d’ufficii, & di quanto sai desiderare… Et con queste lor lodi, hanno pur ancor essi qualche vitio raccolto in loro; perché, per ispedir più opere, legano, & battono talhora male i libri, spesso gli fanno pagare il doppio della valuta; sostentano di commune accordo quel che gli piace, & dove non hanno interesse per diminuir l’opere altrui, si ritirano da longi, vendono a contadini, et a villani con ciancie quanto di sciocco hanno in bottega, & sopratutto magnificano talhora più una castronaria composta da un ciavattino, che qualche opera bella, & utile, composta da un galant’huomo” (Tommaso Garzoni, La piazza universale di tutte le professioni del mondo nuovamente ristampata…, Venezia, Gio. Battista Somasco, 1588; pp. 830-832).

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Scena tratta dal film di Vittorio De Sica Umberto D., 1952: Umberto D. costretto a vendere i propri propri libri

E adesso che alle tavole di pietra, alle pergamene e ai fogli di carta si sostituiscono i bit? E’ in atto una trasformazione ben più profonda che non la paura della disparizione del sapere accumulato nei secoli. Una trasformazione che riguarda la conservazione, l’uso e la fruizione di questo sapere: la perfetta simbiosi di cultura e potere.

Noi constatiamo oggi nella scuola italiana, dalle elementari all’università, il progressivo abbassamento dei livelli di conoscenza e della qualità dell’insegnamento con questa conseguenza: che un giovane mediamente intelligente lascia la scuola non appena possibile per entrare nel mondo del lavoro. Pochi proseguono e portano a termine gli studi. La politica culturale va raffinandosi con la creazione di poche scuole costose e di alto livello, come già avviene in Inghilterra o negli Stati Uniti: da lì verranno i futuri governanti. E saranno governanti colti, illuminati, capaci di ragionare e di decidere per il bene della comunità, un mondo che neanche Skinner avrebbe potuto meglio concepire adottando le più raffinate tecniche di condizionamento: la cultura fatta potere.

Piaccia o non piaccia questa è la direzione, e i librai antiquari cosa faranno a dispetto dei bit? Assolutamente niente. I bit sono utilissimi, i libri elettronici sono molto più facili da utilizzare ai fini dello studio. I libri veri, le edizioni originali, gli autografi e i manoscritti, le carte, le pergamene, tutto questo interesserà meno persone, diventerà ancora più raro e costerà sempre di più. Saranno oggetti e non più mezzi di comunicazione. Risponderanno più alla sensibilità che non alla ragione, staranno più in una atmosfera di bellezza e gusto che non in quella di uno studio matto e disperatissimo.

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Filippo Buonarroti

E allora il libraio futuro fornirà questo piacere indicibile di viaggiare nel tempo ai coltissimi detentori del potere. Se la passerà bene, come del resto è sempre stato, a parte la crisi del 2008 che dura tutt’ora. Però in questa magnifica sorte e progressiva qualcosa non torna. I librai antiquari sono sempre stati una massoneria, senza limiti di nazionalità, razza, colore politico. Gente bizzarra, obbligata dal proprio mestiere a seguire le tracce delle idee, a indagare e interrogare le carte: questa percezione fisica ed emozionale, e il tempo con cui questa esperienza è stata pagata, conferisce loro un sapere inattingibile dallo studioso. Forse con i librai antiquari sopravvive l’aspetto terreno e materiale della cultura, l’odore delle carte, la morbidezza delle pergamene, le parole degli autori scritte a margine di quelle stampate, il senso del tempo. Si pensi al libraio cospiratore Filippo Buonarroti, sublime maestro perfetto, tanto per dirne uno. Ma ahimé pure lui persuaso che la cultura non fosse per tutti.