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Superstudio, Una foto ricordo del Superstudio [New York – Monumento continuo], 1970

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Adolfo Natalini, Autoritratto, 2002

Adolfo Natalini se n’è andato dalla vita il 23 gennaio.
Se penso a Firenze penso a lui, a una veduta della città da non so che ristorante in collina, il sole tra la verzura e l’azzurro, le cose buone da mangiare un bicchiere di vino, i muri della sua casa al confine con Fiesole, armoniosa di spazi e tradizioni – saggezza di architetture nate dal bisogno e dal desiderio.
Non riesco a immaginare Natalini in un giorno di pioggia.
Non conosco linee più eleganti di quelle che lui ha tracciato sui quaderni di lavoro del Superstudio, progetti come ombre delle idee che riconciliano coi deserti e l’inesorabilità del tempo – ma non cercate equivalenti di cemento, non c’è niente di somigliante al mondo. Sono visioni, molte delle quali ho appeso ai muri di casa come specchi per la mente.

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Superstudio, Atti Fondamentali: “Amore” [La macchina innamoratrice], 1973

Certo tutto questo è il suo regalo a chi rimane, le cose dell’intelligenza tornano al paradiso da cui provengono. Ma lui se n’è andato e la sua avventura, la sua malinconia l’ironia il disincanto, la piega del suo sorriso, vanno a morire nella nostra memoria. Rimane l’eleganza sconfinata alle pareti, per i figli il futuro la bellezza il desiderio da proteggere amare accompagnare, e abbandonare poi teneramente.

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Superstudio, Atti Fondamentali “Educazione”, 1972