D'AMICO Tano
(Filicudi, Isole Eolie 1942)
[1994-09-10-LE-01] Sgombero del Leoncavallo
Luogo: Milano
Editore: N. D.
Stampatore: N. D.
Anno: 10 settembre 1994
Legatura: N. D.
Dimensioni: 18x24 cm.
Pagine: N. D.
Descrizione: fotografia originale in bianco e nero, titolata e firmata. Stampa di epoca successiva (1990) a cura dell'autore.
Bibliografia: Pubblicata in: Tano D'Amico, «La dolce ala del dissenso», Napoli, Intra Moenia, 2004; pag. 109
Prezzo: € 400ORDINA / ORDER
"Fin dai giorni precedenti la situazione del Leoncavallo era più che mai tesa, il nuovo posto che era stato occupato aveva già subito un tentativo di sgombero, fallito per la pioggia che aveva reso scivoloso il tetto su cui si erano asserragliati i compagni, «le autorità temevano per una tragedia» fu la versione ufficiale. Insomma era una questione di esistenza per il centro sociale più grande di Milano. La manifestazione fu partecipata, vennero da tutta Italia. Fin dal concentramento si respirava tensione, nonostante il sole, la presenza di fantocci di cartapesta, la musica (anche la nostra) e tanta gente colorata e festante, compresi molti bambini. Mano a mano che il corteo avanzava potevamo vedere come in realtà fossimo in una gabbia: la polizia presidiava in forze qualsiasi via laterale e nel farlo si rendeva molto visibile, come a provocare il corteo. Capii improvvisamente che gli scontri ci sarebbero stati, era solo questione di tempo; la banda in ogni caso continuava il suo percorso, suonavamo con forza, anche all'indirizzo della polizia, con rabbia ma anche con la voglia di mostrare il nostro lato più umano, gioioso, dissacrante, quella parte di noi che alla contrapposizione su un piano meramente violento opponeva la sua arma più forte: lo strumento. Giunti dopo quasi tre ore alla via che porta a piazza Cavour, dove ci stava il concentramento più grosso della polizia a difesa dell'imbocco di via Manzoni e della Questura poco oltre, sentimmo che erano iniziati i primi fronteggiamenti; il corteo premeva per entrare in via Manzoni o più semplicemente premeva sui cordoni di polizia perché piazza Cavour era troppo piccola per contenere gli oltre 20.000 del corteo (al massimo ce ne potevano stare 5000). Ad un certo punto ci fu lo sfondamento verso via Durini, dove «inspiegabilmente» avevano lasciato solo una quarantina di poliziotti e un vice-questore in balia di migliaia di compagni tesi e incazzati; altrettanto inspiegabilmente quello sfondamento fu ripreso da una selva di telecamere. Così il corteo si incanalò per via Durini, cercando di sfuggire a quell'accerchiamento sempre più minaccioso della polizia in piazza Cavour; il flusso venne però interrotto dal lancio di lacrimogeni e di sampietrini verso via Durini, così che il corteo si trovò tagliato in due, il grosso ancora nella piazza, dove ad ogni minuto che passava si aveva sempre più la percezione di essere in un trappolone. Fu in quel momento che arrivò la banda; sfilammo davanti all'insuperabile schieramento su via Manzoni e ci dirigemmo su via Durini, ma qui quasi ci disperdemmo perché davanti a noi ci stava il fumo dei lacrimogeni e la pioggia dei sampietrini lanciati dalla polizia, e il corteo si era appena spezzato, indeciso. Cominciammo a suonare camminando verso via Durini. Era una scena surreale, volevamo dare il buon esempio, così cercavamo di essere più normali possibile, mentre tutt'intorno a noi duravano gli scontri. Passammo il punto più pericoloso e anche le barricate che erano state erette lungo via Durini, sempre suonando. Ci ritrovammo in piazza della Repubblica ancora quasi deserta, di li a poco arrivò anche il grosso del corteo, prima in piccoli gruppi poi a ondate sempre più grosse. Ci fu una buona mezz'ora di rilassamento, dopo gli ultimi manifestanti arrivò la polizia e si dispiegò in forze a presidiare la piazza dal lato di via Durini; ormai il corteo non esisteva quasi più, si era sparpagliato nella zona intorno alla stazione, una parte consistente stava per dirigersi al nuovo Leoncavallo. La prima carica partì a freddo, improvvisa, in tutte le direzioni, s'era aperta la caccia all'uomo, migliaia di compagni vennero rincorsi per chilometri, fin dentro i portoni, con una furia che sapeva tanto di premeditazione" (Testimonianza di un partecipante alla manifestazione).