COPPO Piero
(Roma 1940 - Roma 2021)
Preliminari ad una psicopatologia del non-vissuto quotidiano
Luogo: Livorno
Editore: edizione a cura dell'autore
Stampatore: ciclostilato in proprio
Anno: 1974 (gennaio)
Legatura: brossura a tre punti metallici
Dimensioni: 33x22 cm.
Pagine: pp. (2) 16
Descrizione: titolo stampato in bleu in verticale in copertina, testo dattiloscritto in bleu. Prima edizione.
Bibliografia: N. D.
Prezzo: € 200ORDINA / ORDER
"Insieme con la crisi dell'economia avanza il vuoto, il vuoto che può essere la premessa di ogni creazione. Quanto gli stereotipi proposti dallo spettacolo influenzino la fabbricazione delle «persone», quanto del comportamento dell'«uomo» sia indotto dalle immagini imposte, lo sa chiunque si sia trovato a sperimentare con orrore il prevalere, nel proprio corpo, del lavoro morto accumulato - la protesi, la morte - su quello vivo - il desiderio, la vita. Quando un uomo non riesce a «parlare», ma «è parlato» dalla situazione" (pag. 15).

"All’inizio della nostra amicizia ero andata a trovarlo insieme ad altri tre genovesi. Era l’inizio del secolo, battezzato sul piano globale dalle Twin Towers e su quello casalingo dal G8, e avevamo bisogno di un confronto sull’idea di rivoluzione, sulle avanguardie, su quanto avvenuto (e subito rimosso) in Italia negli anni Settanta. [...] La folgorazione arriva durante una manifestazione, a Milano, alla fine degli anni Sessanta. Qualcuno gli passa un volantino su cui sta scritto: Chi parla di rivoluzione senza pensare al quotidiano, ha un cadavere in bocca. L’autore della frase è Raoul Vaneigem, ma poco importa: quel che conta è la coincidenza, in quell’istante, fra un personale ancora imparlabile (il movimento delle donne prenderà voce nel decennio seguente) e una lotta politica in pieno divenire, la possibilità di declinare altrimenti le questioni cruciali dello stare al mondo: come individui, come coppie, come gruppi. Raccontava ridendo, ma ancora con un po’ di scorno, che una volta Giorgio Cesarano – cugino, amico e compagno di lotta nella decisiva esperienza politica di Ludd-Consigli Proletari – l’aveva definito “volubile”. Volubile forse, ma con fedeltà incrollabili. La critica al presente, l’insopportazione per le catture stregonesche delle migliori forze degli umani, in Piero non è mai venuta meno, né ha mai conosciuto momenti di flessione. [...] Quella tenacia, la capacità di fare mondo e fare umanità anche dove le condizioni sono disperate, quel non darsi mai per vinti quando si tratta di sottrarsi a quel che ci imprigiona e di cercare un modo più intero per essere umani: così incrollabili, non le ho mai viste in nessun altro. L’etnopsichiatra, il viaggiatore di lungo corso, il pensatore critico. E ancora, per tornare a spirale al punto di partenza, l’esploratore di stati non ordinari di coscienza (SNOC, da quando c’è la moda degli acronimi), il camminatore sui molti sentieri segreti della psiche. Si aprirebbe un discorso lunghissimo, che proprio Piero ha insegnato a impostare: perché, se sono qualcosa, gli SNOC non sono sballo, non sono diversivo, non sono shot che consolano dalla monotonia e dallo squallore del quotidiano; ma esplorazioni di sé, del mondo, di sé nel mondo, delle relazioni, dell’abisso di terrore e di estasi che si apre appena sotto la superficie consunta delle cose. [...] Per dire degli SNOC bisognerebbe dunque parlare dei sogni e del loro senso, di certe visioni e del loro tasso di realtà, dei percorsi della cura al di fuori del meccanicismo biologico, della ricerca di un istante di preveggenza per conto di un collettivo. In quanto psichiatra, Piero conosceva le molecole; in quanto viaggiatore, conosceva danze e piante; ma poi conosceva anche – da professionista e da maestro – un modo specifico di portare gli umani nei territori più profondi della psiche personale e collettiva, dove si entra in connessione con il passato biografico, di gruppo e di specie. [...] Alla stregua di quelli psicoterapeutici, i setting che permettono l’apertura a esperienze non ordinarie hanno caratteristiche particolari. Devono essere sicuri, permettere l’andata così come il ritorno, la possibilità di una cosa tanto delicata e magica come la fiducia. Sono belli da abitare per chi vi si abbandona e faticosi da preparare per chi deve garantirne la tenuta. Capita a volte, a chi s’impegna a farli vivere, di chiedersi se valga la pena di tutta quella fatica: se abbia un senso accompagnare gli umani a guardare sotto la scorza del già noto, quando il loro ordinario è continuamente avvelenato dalle esigenze della macchina capitalista e del profitto. Piero diceva che in quei momenti ci si trova alle prese con il cinismo e che niente come il cinismo bisogna bandire con altrettanta cura da un setting. Non so cosa facesse, prima dei seminari di respirazione, per prepararsi e, attraverso di sé, rendere sicura la sala, ma ogni volta ci riusciva: la sala era splendida, la possibilità di abbandonarsi al preindividuale completa. Se lungo tragitto nel bosco magico arrivavano lo stallo, la paura, l’angoscia, subito ti trovavi accanto Piero, maestro della soglia. Rilke diceva che il bello è solo l’inizio del tremendo e che noi ammiriamo il bello perché incurante disdegna di distruggerci. Ogni angelo è tremendo. Lo sapevi già, Piero, prima di tutti noi; così come sapevi la quantità di pazienza, astuzia, amorevolezza e tenacia che servono perché il bello, e ogni altro angelo tremendo, continuino a disdegnare di distruggerci. Fa’ buon viaggio" (Stefania Consigliere, «Piero Coppo, o della tenacia» PULP MAGAZINE, 7 luglio 2021).