CARREGA Ugo
(Genova 1935 - Milano 2014)
Per il Karnhoval in villa
Luogo: s.l.
Editore: edizione a cura dell'autore
Stampatore: stampa in ciclostile
Anno: s.d. [febbraio 1969]
Legatura: brossura a due punti metallici
Dimensioni: 21x14,5 cm.
Pagine: pp. 16 n.n. compresa la copertina
Descrizione: copertina illustrata con una composizione grafica in nero su fondo bianco, 1 disegno in quarta di copertina. Libro d'artista costituito da una composizione verbovisuale disposta in senso trasversale percorsa da segmenti oblicui, un'altra, diversa, composizione nelle due pagine centrali, anch'essa disposta trasversalmente, la riproduzione di una testata «The Sunday» del 3 settembre 1967 con il testo «Czech artists plea for help from West», la riproduzione a stampa di una lettera dal carcere del 14 luglio 1968 redatta da "Aldo B.". Opuscolo pubblicato in occasione del «Karnhoval in villa» di Rieti (13 - 18 febbraio 1969). Edizione originale.
Bibliografia: N. D.
Prezzo: € 300ORDINA / ORDER
"Il Karnhoval nacque da un’idea di Alberto Tessore, giovane scrittore che, dopo essere stato fotoreporter per dieci anni ed aver girato un po’ tutto il mondo, si era ritirato a scrivere prosa e teatro a Greccio, località in cui ha ancora dimora e dove l’abbiamo raggiunto per farci raccontare questa straordinaria esperienza. «Una bella domenica decidemmo di shoccare con un happening l’opinione pubblica cittadina sull’esempio delle altre capitali europee. All’uscita dalla Messa di mezzogiorno in piazza i reatini trovarono un oggetto di forma cilindrica che una ragazza si divertiva a gonfiare e a far star su saltandoci sopra. Si trattava di un esperimento in linea con lo spirito trasgressivo dell’epoca ma ad una persona in particolare piacque, a Loris Scopigno, presidente dell’allora Azienda Autonoma Turismo che decise di affidarmi, in modo più o meno consapevole, la realizzazione del Carnevale di quell’anno. Mi avvalsi di nomi che sarebbero in futuro diventati assai famosi, il poeta Emilio Villa, il tedesco Wolf Vostell, il francese Julien Blaine e l’inglese John Hopkins e decisi di portare a Rieti l’arte contemporanea. Gli effetti furono disastrosi, si arrivò persino ad un’interpellanza comunale per una mostra di oggetti ed installazioni nell’atrio del Teatro. I giornali locali, che inizialmente avevano appoggiato l’avvenimento, si scagliarono contro noi tutti rimproverandoci di aver buttato al vento denaro pubblico… Qualcuno arrivò persino a consigliarmi di cambiare aria per un po’…». Cosa succede di così terribile da sconvolgere i benpensanti e far guadagnare invece alla nostra città diversi servizi sulle pagine di riviste giovanili come «Ciao 2001»? Innanzitutto arrivano a Rieti orde di artisti provenienti da ogni parte del mondo [...]. Biglietto d’invito è il passaparola, la stragrande maggioranza presenzierà gratuitamente. Altri reatini affiancano Alberto nell’iniziativa, sono Aldo Vella, Enzo Palermo ed Osanna che ospiterà gli artisti in un appartamento sfitto. Vi dormiranno in una ventina, su materassi presi da un’amica che lavorava alla Viscosa, in una convivenza promiscua che all’epoca già suscitava scandalo. «La città non sapeva neanche cosa fosse l’arte contemporanea ed in più quella domenica ci furono condizioni meteorologiche proibitive: la più abbondante nevicata che io ricordi - racconta l’oggi professor Tessore - Dovetti scendere da casa mia a piedi perché la macchina non poteva uscire dal garage. Una volta in strada feci l’autostop e arrivai in città su un camion che spargeva sale. Molte installazioni erano andate perse e il programma subì un arresto. Il martedì si svolse la sfilata, contraddistinta dal lungo verme di 50 mt. portato da tanti ragazzini: sputava fuoco ed emetteva soldi dal sedere. Seguirono, in composta fila indiana, una decina di incappucciati, alla KKK, ma neri, i quali continuarono a deambulare per vario tempo fino al momento in cui due incappucciati, bianchi, tentarono di inserirsi. I due intrusi vennero rapidamente immobilizzati e spogliati quindi rivestiti di nero e le loro bianche vesti date alle fiamme. Il tutto nel massimo silenzio tra lo sbigottimento della gente che assisteva. Tra gli autori Elio Marchigiani che spiegò come si trattasse di un fatto contestatario: i bianchi erano i contestatori e i neri il sistema. I bianchi erano stati spogliati e rivestiti di nero, cioè reinseriti nel sistema. In ogni parte della città accadevano altri fatti, episodi, giochi, scherzi. Nelle piazze erano state montate alcune baracche ed un enorme totem che emetteva strani suoni. Oltre a sparare uova marce sulla carta stampata, si vendeva acqua piovana, si facevano rotolare barattoli di pomodoro colorati, si tenevano danze erotiche, sotto gli occhi attenti dei giornalisti giunti da ogni parte del mondo. Dire che gli abitanti hanno seguito gli avvenimenti con estrema curiosità è poco, dire che sono rimasti sconcertati, è forse più esatto, alcuni ostili addirittura - riportarono le cronache dell’epoca - Non hanno troppo gradito l’invito di giocare assieme, probabilmente perché l’iniziativa partiva sempre da loro, dagli artisti. Il Karnhoval aveva coinvolto l’intera città» prosegue Alberto «il verme fu realizzato in un hangar dell’aeroporto e la festa conclusiva si tenne nel salone della Viscosa. Per farvi capire come si muovevano le cose nel ‘68/’69, pensate che protagonista della serata fu un gruppo proveniente da Londra. I ragazzi scesero in pulmino, attraversando la Francia e poi le Alpi, per venire a suonare gratuitamente a Rieti; non avevamo neanche i soldi per l’albergo, vennero ospitati da Aldo Vella professore di inglese, lui pure impegnato da sempre nel teatro. Anche loro pensavano di essere in una qualsiasi città del mondo e proiettarono video abbastanza spinti tra lo sbalordimento della Rieti bene che era giunta invece tutta incravattata»” (Stefania Santoprete, «Il Karnhoval un carnevale in controcultura per la Rieti degli anni '60» FORMAT, marzo 2019).