CURCIO Renato
(Monterotondo 1941)
ECHAURREN Pablo
(Roma 1951)
Metroposter n. 9
Luogo: Roma
Editore: Frigidaire, "Manifesti Underground per la Comunicazione Orizzontale"
Stampatore: senza indicazione dello stampatore
Anno: 1994 [giugno]
Legatura: poster stampato al solo recto
Dimensioni: 64x46 cm.
Pagine: N. D.
Descrizione: stampa in nero e bleu su carta lucida. Esemplare con firma autografa degli autori. Edizione originale.
Bibliografia: Pubblicato come allegato in FRIGIDAIRE n. 161/163, giugno/agosto 1994
Prezzo: € 150ORDINA / ORDER
"Era il novembre del 1993 e stavamo preparando il n. 155/156 di Frigidaire (dicembre ‘93 / gennaio’94) quando Renato Curcio e Pablo Echaurren mi raccontarono la loro idea di realizzare dei manifesti speciali da affiggere nella metropolitana di Roma... L’idea di questi strani poster a due mani, che battezzai «metroposter», nasceva dai percorsi quotidiani in metro di Renato, che, essendo da qualche mese in semilibertà, usciva la mattina presto dal carcere e prendeva la metro a Rebibbia fino alla fermata Aventino per raggiungere il suo luogo di lavoro, la cooperativa editoriale «Sensibili alle foglie», che era in un appartamentino in Piazza Santa Maria Liberatrice a Testaccio. La sera riprendeva la metro da Aventino e tornava a Rebibbia per passare la notte in cella. Quei viaggi di poche decine di minuti erano per Curcio il suo contatto con un mondo esterno che aveva lasciato ben 18 anni prima, ovvero da quando era stato chiuso nell’inferno carcerario, spesso confinato in un crudele isolamento. Su quei vagoni traballanti l’umanità delle periferie più sconosciute, prigioniera della terribile banalità della vita quotidiana, gli si mostrava quasi nuda, tra le nebbie e i freddi delle albe e la tristezza di certe sere d’inverno. Le sue osservazioni silenziose, affamate di contatto umano, le fissava come appunti segreti su un taccuino, frammenti di un possibile diario intimo, né racconti, né versi, semplici sguardi tradotti in parole. Ne aveva parlato con Echaurren ed era nata l’idea di farne dei manifesti sotterranei, come dei graffiti stampati... Nel presentare i primi due metroposter nel paginone centrale di Frigidaire n.155/156 (dividemmo la tiratura in due, una per il metroposter n. 1, l’altra per il n. 2, cambiando solo una lastra in fase di stampa) li definii «manifesti underground per la comunicazione orizzontale». In quel periodo - per le solite ragioni economiche - Frigidaire aveva temporaneamente lasciato la classica veste di rivista a colori che durava dal 1980 ed era divenuto un tabloid in bianco e nero su carta povera, girato in terza piega, con la possibilità di un secondo colore rosso solo per la copertina e le due pagine centrali. Dunque anche i metroposter, piazzati nel paginone centrale, furono pensati a due colori: testo in nero e disegno a linee grosse, riempito qua e là di rosso. La scrittura era di Renato, il segno di Pablo, che firmavano insieme ogni poster. La forma povera era coerente con l’idea di questa comunicazione sotterranea, fatta di parole e immagini lanciati come un messaggio d’amore per l’umanità verso sconosciuti nel buio delle gallerie. Ovviamente non potevano affiggere nella metro il paginone centrale della rivista, anche perché la carta povera si sarebbe disfatta subito con la colla. Così affiancammo alla stampa sulla rivista, che veniva distribuita in 30 mila copie in tutta Italia, una tiratura extra di un migliaio circa di metroposter su carta più spessa. I metroposter destinati all’affissione venivano poi arrotolati alla maniera dei manifesti di propaganda e affidati a una decina di volontari che, muniti di colla, secchi e pennelli, li andavano a piazzare la sera tardi nelle stazioni della metro... Questo schema dei due metroposter per numero (con il conseguente cambio di lastra a metà stampa) lo usammo ancora con il n.157 di febbraio 1994, con il n.158/159 di marzo/aprile e con il n.160 (maggio 1994), fascicoli questi ultimi due con i quali tornammo ad essere una rivista a colori... Già dal n.158/159 non dovemmo più ricorrere alla stampa su una carta diversa. I metroposter erano sulla stessa carta patinata del nuovo Frigidaire e venivano cellophanati insieme alla rivista. Per avere quelli destinati all’affissione bastava un semplice prolungamento della loro tiratura. Lo schema rimase lo stesso nei numeri seguenti, il 161/163 (giugno/agosto 1994), 164/167 (settembre/dicembre 1994), 168/170 (gennaio/marzo 1995), 171/173 (aprile/giungo 1995), 174/176 (luglio/settembre 1995), salvo che dal n.161/163 c’era un singolo metroposter e non più due per ogni uscita della rivista. Continuavamo ad organizzare l’affissione, ma la nostra situazione generale, come dimostrano anche i lunghi intervalli tra un fascicolo e l’altro, era sempre più difficile. Infine con il n.177/178 (ottobre/novembre 1995) il metroposter si ridusse al solo paginone centrale di Frigidaire e non venne nemmeno affisso. D’altra parte quello fu l’ultimo numero edito dalla storica Primo Carnera s.r.l., che avevamo fondato nel 1980. Schiacciati dai pesanti debiti generati dal taglio dei contributi editoria cui avremmo avuto diritto (deciso nel 1986 dalla commissione presieduta dal socialista Giuliano Amato), dovemmo interrompere le uscite e firmare un fallimento concordato" (Vincenzo Sparagna, «Come nacquero i metroposter», in L'Arengario Studio Bibliografico, «Metroposter. Parole di Renato Curcio e disegni di Pablo Echaurren per i viaggiatori della metropolitana di Roma», Gussago, Edizioni dell'Arengario, 2015; pp. 5-6).

“Alcuni frammenti di Metrò, illustrati da Pablo Echaurren e stampati a cura della rivista Frigidaire, sono stati affissi nell’ultimo anno in alcune stazioni della metropolitana di Roma. Ringrazio pertanto Pablo Echaurren per le sue visioni e Vincenzo Sparagna per l’idea e la realizzazione editoriale dei Metroposter. Ringrazio inoltre, oltre ai vagabondi, ai passeggeri e ai viaggiatori del metrò, tutti coloro che mi hanno raccontato eventi accaduti e leggende metropolitane, o che, comunque, mi hanno accompagnato in qualche modo in questa umana avventura” (Renato Curcio, Metrò, Roma, Sensibili alle foglie, 1994; pag. 139).