D'AMICO Tano
(Filicudi, Isole Eolie 1942)
[1977-04-21-77-01] Il giorno in cui fu ucciso l'agente Settimio Passamonti
Luogo: Roma
Editore: N. D.
Stampatore: N. D.
Anno: 1977 (21 aprile)
Legatura: N. D.
Dimensioni: 18x24 cm.
Pagine: N. D.
Descrizione: fotografia originale in bianco e nero, titolata e firmata. Stampa di epoca successiva (1997) a cura dall'autore.
Bibliografia: Pubblicata in: «Tano D'Amico, "E' il '77», Roma, I Libri del No, 1978
Prezzo: € 400ORDINA / ORDER
“Il 21 aprile a Roma l’Università si riempì di studenti per occupare di nuovo alcune facoltà, in primo luogo Lettere. Ma la polizia irruppe per sgomberare le occupazioni e i presenti si spostarono nel vicino quartiere di San Lorenzo, ove partì un corteo, mentre altri radunavano di fronte all’Università, creando un affollamento che la polizia decise di sgomberare con una carica. A quel punto, un gruppo sparò uccidendo un poliziotto, Settimio Passamonti, e ferendo gravemente un altro. Un paio di ore dopo si svolse un’assemblea ad Architettura dove si palesò la spaccatura, frontale e irrimediabile, tra chi sosteneva che la giornata era stata «positiva perché il movimento ha dimostrato di saper reagire alle aggressioni poliziesche» e che comunque «lo scontro di classe ha raggiunto livelli tali da rendere l’uccisione del poliziotto un episodio quasi marginale»; e chi (il Comitato di Lettere e altri collettivi, con il mio intervento e quello di Raffaele Striano) attaccò «il disegno politico di alcuni settori del movimento di costringerlo ad uno scontro frontale con lo Stato, che, uccidendo oggi un agente, dà un colpo gravissimo e indifendibile al movimento, tanto più che la ripresa delle occupazioni doveva ampliare il fronte di lotta, dopo l’isolamento seguito alla giornata del 12 marzo». L’assemblea si concluse con una rissa e con la verifica che la divaricazione aperta il 12 marzo era oramai irreversibile, e non solo a Roma, epicentro con Bologna del movimento, e non avrebbe potuto far altro che aggravarsi. Il Comitato di Lettere approvò un comunicato, da me scritto, in cui affermava di «non riconoscersi affatto nella risposta armata data alla provocazione poliziesca, ritenendo, anzi, che la logica del continuo innalzamento del livello di scontro frontale con l’apparato statale porti al totale isolamento e poi alla distruzione del nostro movimento». E la riprova la dette due giorni dopo Cossiga che recuperò persino Pasolini per dichiarare guerra totale al movimento («D’ora in avanti, a chi attaccherà lo Stato con le armi, lo Stato risponderà nello stesso modo. Non sarà più consentito che i figli dei contadini meridionali vengano uccisi dai figli della borghesia romana») e imporre la sospensione dei diritti civili, vietando fino al 31 maggio qualsiasi manifestazione di piazza a Roma” (Piero Bernocchi, «La guerra del PCI contro il movimento del 1977», nota n. 17; testo tratto dal sito web «Piero Bernocchi. Idee e azioni di ieri e di oggi. Anche per domani», 24 dicembre 2020).