TEDESCHI Geppo
(Oppido Mamertina, Reggio Calabria 1907 - Roma 1993)
Corti circuiti. Con prefazione di S.E. Marinetti
Luogo: Lanciano
Editore: Carabba
Stampatore: G. Carabba Stamp. - Lanciano
Anno: 1938 (dicembre)
Legatura: brossura
Dimensioni: 19,8x13,4 cm.
Pagine: pp. 100 (2)
Descrizione: copertina stampata con titoli in rosso e nero. Esemplare intonso. Prima edizione.
Bibliografia: Claudia Salaris, «Bibliografia del Futurismo», Roma, Biblioteca del Vascello, 1988: pag. 69
Prezzo: € 400ORDINA / ORDER
"Nelle due raccolte «Corti circuiti» e «I canti con l'acceleratore», accanto al genere encomiastico che si configura come vera e propria poesia futurfascista nel mito della rivoluzione e delle realizzazioni del regime, Tedeschi ha tra le sua corde anche una vena agreste, campagnola, strapaesana che si struttura in brevi componimenti sulla vita dei campi, in stretto rapporto con la natura, i quali costituiscono il versante rusticano del futurismo, particolarmente caro agli autori meridionali (...). Marinetti ha scritto che le poesie di Tedeschi offrono al lettore «originalissime fusioni di valvole fusioni viola-arancione cioè bruciate nel tragico della vita virilmente spremuta fino ad esplodere con lo splendore solare delle coste calabre sicule africane»" (Claudia Salaris, in: Enrico Crispolti (a cura di), «Futurismo e Meridione», Napoli, Electa Napoli, 1996: pag. 353).

"Geppo Tedeschi organizza percezioni in figurazioni, compone una serie di piccoli quadri assorti e stupefatti, con propensione al favolico, al magico, all'incantato; per questa via si accosta, fino a rientrarvi, al settore «nature», rustico del futurismo Anni Trenta. Non che manchi di patecipare a competizioni sui temi dell'aeropoesia (...), però la sua operazione preferita par essere proprio quella di stabilire una intima connessione con la natura, con la vita di paese, gli eventi, e momenti, del viver provinciale. Ma son tratti e fatti, che vengon percepiti e scritti cogliendoli nel loro aspetto fantastico, una scoperta delle cose autonoma rispetto alle consuetudini di una fattualità soltanto osservata" (Glauco Viazzi, «I poeti del futurismo 1909-1944», Milano, Longanesi, 1978: pag. 645).