OXILIA Nino
[Angelo Agostino Adolfo Oxilia] (Torino 1889 - Monte Tomba 1917)
Gli orti. Liriche. Prefazione di Renato Simoni
Luogo: Milano
Editore: Editori Alfieri & Lacroix
Stampatore: Stabilimento per le Arti Grafiche Alfieri & Lacroix
Anno: 1918
Legatura: legatura editoriale cartonata
Dimensioni: 19,6x16,4 cm.
Pagine: pp. XII - 127 (1)
Descrizione: copertina illustrata con un disegno virato in verde di "S. D'Anna" [artista non identificato], titoli in rosso e verde inquadrati in cornice e 1 ritratto fotografico in bianco e nero dell'autore applicato in una tavola f.t. al controfrontespizio. Stampa su carta forte. Raccolta pubblicata postuma costituita da 42 liriche, di cui varie incompiute a causa della perdita di parte del manoscritto. Esemplare in eccellente stato di conservazione. Prima edizione.
Bibliografia: AA.VV., «Dizionario generale degli autori contemporanei», Firenze, Vallecchi, 1974: pag. 952
Prezzo: € 200ORDINA / ORDER
"Insignito di una laurea ad honorem postuma dall’Università di Torino il 27 maggio 1918, nello stesso anno uscì, per i tipi di Alfieri & Lacroix, la raccolta «Gli orti», per interessamento di Renato Simoni che, nella prefazione al volume, specificò tuttavia come circa un terzo del manoscritto originale fosse andato perduto al fronte. La silloge avrebbe dovuto includere almeno dodici componimenti in più: apparve, invece, comprensiva di 42 liriche (alcune delle quali mutile), fra cui Il saluto ai poeti crepuscolari, in cui si ricordavano Corazzini (nelle vesti di cantore della provincia e delle tragedie dei burattini), Gozzano (cantore di divani tarlati e dagherrotipi) e Camasio. Da alcuni considerata il «canto del cigno» della poetica crepuscolare, la lirica è in realtà utile anche per chiarire la posizione di Oxilia: mentre Corazzini e Gozzano sono identificati come «laudatores temporis acti», infatti, l’autore si proclama rivolto alle corse vertiginose, dichiarando prossima la fine delle province domenicali, destinate a essere soppiantate dalle scoperte scientifiche e dalle invenzioni (l’età nuova del telegrafo e del cinematografo, di cui parla in «Primo intermezzo», II). Tale apertura in chiave futuristica (avvalorata anche dalla presenza dell’automobile in alcuni testi) non impedisce, tuttavia, che la raccolta resti ancorata proprio a una base di crepuscolarismo (come il titolo del resto suggerisce), con movenze che richiamano D’Annunzio paradisiaco (v. «Invito a Maria convalescente») o Corazzini del «Libro per la sera della domenica» («E' tardi»), senza contare, ovviamente, situazioni, figure e stilemi che rinviano, fra gli altri, a Fausto Maria Martini e soprattutto al Gozzano dei «Colloqui»" (Gabriele Scalessa, voce «Nino Oxilia», in: AA.VV., «Dizionario Biografico degli Italiani Treccani», vol. LXXX, 2014).

"E tu cantavi la provincia, / le tragedie dei burattini, il suono dell'Ave Maria; / cantavi le domeniche / piene di sole e di malinconia / e aspettavi di morire, / Sergio Corazzini! / Io sognavo di cantare /la corsa in un mondo / più vasto; in un ciel più profondo, / dentro a un più profondo mare / la corsa vertiginosa: / volgevo la testa e senza posa / vedevo i tuoi burattini / ballare, gestire, manine, piedini, / al ritmo del tuocuore stanco... / Poi sei morto. Ed io ti canto, / sepolto tra le rose / del camposanto, / poeta delle piccole cose, / mentre rulla il tamburo... // Domani le piccole cose / saranno per sempre sepolte / e la provincia domenicale / non avrà che il tuo tumulo a guanciale // [...] Domani le piccole cose / dormiranno sepolte tra le rose / domani il passato / sarà dimenticato / ma l'amore l'amore / rifiorirà nel cuore / dopo / tanto odio senza scopo / riaprendo a fior d'acqua l'occhio puro... // Fiamme scoppiettanti, laceranti / incendiano il vecchio mondo / poeti crepuscolari! / Sull'orlo dell'abisso senza fondo / ove caddero ad uno ad uno infranti / i vecchi altari / m'accomiato da voi! Rulla il tamburo" (da «Il saluto ai poeti crepuscolari», pp. 110-111).

"O giovane! Fratello ventenne / che non conosco e ti chiami / con mille nomi diversi / ascolta! Ti dedico i versi / del commiato. La vita che ami / non è che un frullo d'ale / un battere di penne, / e non concede al mortale / il suo dono / di fatica e di oblio / s'egli non è capace d'esser buono. / Fratello, addio" ( da «Invocazione ai giovani», pag. 127).