CIPI'
[Cornelia Ferrari Polli] (Bucarest, ca. 1910 - ?)
Buon Natale e felice Anno Nuovo - Cipì Renato Pupi Dani
Luogo: s.l.
Editore: edizione a cura dell'autrice
Stampatore: N. D.
Anno: 1959 [dicembre]
Legatura: plaquette in cartoncino
Dimensioni: 13,8x12 cm.
Pagine: pp. 4 n.n.
Descrizione: copertina illustrata con un'opera originale: tecnica mista disegno a colori matita e collage, firmata "Cipì". All'interno il messaggio autografo datato e firmato. Biglietto augurale originale, esemplare unico.
Bibliografia: N. D.
Prezzo: € 200ORDINA / ORDER
Oltre al nome dell'autrice, "Renato" corrisponde a quello del marito Renato Ferrari (Gorizia 1908 - Milano 2002), "Pupi "e "Dani" a quello dei figli Erica e Daniele.

Cipì (Cornelia) Ferrari Polli, pittrice, grafica e scenografa alla Scala di Milano, e responsabile dell'Ufficio Creazioni e Packaging dell'industria dolciaria "Motta"già dal 1935, entra in contatto con la manifattura ceramica albisolese "M.G.A." richiedendo un grosso quantitativo di portauovo in ceramica per il confezionamento di uova di Pasqua, e dal 1950 la "M.G.A." inizia a produrre una serie di vasi, bottiglie e statuine disegnati da lei. Non si conoscono le date certe di nascita e di morte e ben poco della sua vita avventurosa ed emblematica di un'epoca se non per le pagine a lei dedicate dall'amica Ada Buffulini nel suo libro «Quel tempo terribile e magnifico» (Milano - Udine, Mimesis Edizioni, 2015): "Cipì viveva allora (1930-33) con suo padre e suo fratello in una casa semipopolare di piazza Risorgimento, oggi distrutta dai bombardamenti. Faceva dei disegni per una ditta di maglieria, riceveva una dozzina di amici più o meno sovversivi, leggeva un’infinità di libri, da Viki Baum a Remarque a Nietzsche, con lo stesso magnifico entusiasmo, ed era quasi innamorata di me. Ed io di lei, naturalmente. Lei trovava in me una cultura più completa e un’intelligenza assai più positiva, io riconoscevo in lei la superiorità dell’autodidatta e dell’artista. [...] Mi trovavo in una casa dove gli amici potevano venire a qualsiasi ora, dalle 7 del mattino a mezzanotte, certi di venire sempre accolti con la stessa serena cordialità, dove c’erano quasi ogni giorno degli ospiti che mangiavano – inaudito! – in cucina con tutti gli altri, che si potevano mettere a dormire su un divano in camera di Nando o magari anche su due sedie in cucina, se non c’era altro posto. [...] mi trovavo in mezzo a una dozzina di ragazzi, dei quali Amos Chiabov e Renzo Fabiani arrivavano allora allora dal confino, altri erano stati arrestati, Nando portava di tanto in tanto le copie dell’Unità clandestina, altri avevano libri proibiti e tutti parlavano di combattere il fascismo, di lavorare per il Partito comunista e cantavano la Marsigliese e l’Internazionale. Con Cipì facevamo un’infinità di sogni e di interminabili discussioni; parlavamo delle nostre letture, sognavamo il nostro avvenire – come artista lei, come medico io – quando saremmo state del tutto indipendenti, avremmo avuto una casa nostra, avremmo vissuta una vita conforme ai nostri ideali...".